Appunti di Psicologia sociale in cui si affrontano i temi di : gruppo, socializzazione, leadership, identità sociale e interazione.
Psicologia sociale
di Manuela Floris
Appunti di Psicologia sociale in cui si affrontano i temi di : gruppo,
socializzazione, leadership, identità sociale e interazione.
Università: Università degli Studi di Cagliari
Facoltà: Scienze della Formazione
Titolo del libro: Psicologia sociale
Autore del libro: Palmonari, Cavazza, Rubini
Editore: Il Mulino
Anno pubblicazione: 20021. Definizione Di Gruppo
Il termine gruppo è una di quelle parole talmente utilizzate a livello quotidiano e di senso comune da
costituire un problema di definizione per lo studioso che se ne occupa.
McGrath parte dall'affermazione che se è vero che ogni gruppo è un'aggregazione di individui, ogni
aggregazione di individui non è necessariamente un gruppo. Prima di arrivare a definire un gruppo, definisce
alcune tipologie di aggregazioni sociali, tra le quali rientrano:
aggregazioni artificiali, es. le categorie sociali i cui componenti sono classificati insieme in base ad una
qualche caratteristica comune (stesso, età, reddito) ma che non sono necessariamente implicati in qualche
tipo di relazione;
aggregazioni non organizzate, o semplici aggregati, che sono insiemi di individui che si trovano nello stesso
luogo, nello stesso momento, senza altro tipo di legame: possono includere (folla) o meno (pubblico di uno
spettacolo televisivo) la vicinanza fisica e avere uno scopo comune;
unità sociali con modelli di relazione, insiemi di individui che condividono un set di valori, abitudini, il
linguaggio comune, come le culture o le parentele;
unità sociali strutturate, caratterizzate da interdipendenza e da relazioni strutturate tra le parti, come una
società, una comunità, una famiglia;
unità sociali meno intenzionalmente progettate, come un'associazione o una organizzazione volontaria, in
cui vi sono scopi comuni ma possono esserci o non, relazioni interpersonali dirette, opp un gruppo di amici.
Queste aggregazioni non sono mutualmente esclusive, e un individuo partecipa a più di una di esse.
Differiscono su due dimensioni:
1. La base su cui si fondano le relazioni fra i membri: grado di strutturazione delle relazioni;
2. La grandezza dell'aggregato, in termini del numero di individui.
Proprio questi due elementi, secondo l'autore differenziano fra aggregazioni e gruppi:
- i gruppi sono quelle aggregazioni sociali che implicano reciproca consapevolezza e reciproca interazione e
che sono relativamente piccoli e relativamente strutturati e organizzati.
Questa definizione, anche se restrittiva, ci porta ad uno dei principali problemi legati ai gruppi, cioè la
“grandezza” e “l'interazione diretta”, che distinguono i piccoli gruppi (ristretti) e grandi gruppi (estesi).
Come osserva De Grada si deve fare una distinzione fra "piccolo gruppo" e "gruppo faccia a faccia", in
quanto entrambi si caratterizzano per il numero limitato di membri:
- nei piccoli gruppi i componenti si conoscono e si influenzano reciprocamente, anche se l'interazione diretta
e continuativa di tutti i membri non è una condizione essenziale (classe scolastica, gruppo amicale);
- il gruppo faccia a faccia è un gruppo ristretto dove tutti membri interagiscono direttamente, hanno riunioni
frequenti e diversi livelli di strutturazione (piccolo team di lavoro).
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Psicologia sociale 2. Tipi di Gruppo: gruppi primari e gruppi secondari
Altra distinzione riguarda i gruppi primari e gruppi secondari:
- i gruppi primari sono insiemi di persone che interagiscono direttamente, legate da vincoli di tipo affettivo,
forte senso di appartenenza e di lealtà nei confronti del gruppo;
- i gruppi secondari sono insiemi di persone che hanno scopi da raggiungere, ruoli diversi anche in funzione
del raggiungimento degli obiettivi, relazioni impersonali perché basati sul contributo che ogni membro può
offrire.
Come suggerisce De Grada, è meglio parlare di primarietà e secondarietà per riferirsi al modo di essere nel
gruppo, modalità che comunque possono alternarsi nella vita di uno stesso gruppo, ad es. nei gruppi formali
di adolescenti in cui coesiste la primarietà e la secondarietà, in quanto anche se formati in un quadro
istituzionale si caratterizzano per l'emergere di relazioni intense tra pari e con forti sentimenti di
appartenenza e di solidarietà di gruppo.
Altra differenziazione riguarda la distinzione tra gruppi formali e gruppi informali:
- i gruppi formali si formano sotto ordine istituzionale, che ne detta gli obiettivi principali in riferimento ad
attività specifiche, ad es. associazioni sportive, politiche, culturali;
- i gruppi informali sono aggregazioni naturali, spontanee, il cui scopo consiste nell'intensità delle relazioni
fra i membri, es. gruppi di adolescenti.
McGrath distingue inoltre le tipologie dei gruppi impiegati nella ricerca, che sono tre:
1. I gruppi naturali, che esistono indipendentemente dalle attività e dei propositi della ricerca (squadre
sportive, gruppi di lavoro, ecc.);
2. Gruppi inventati, che sono creati come mezzi per la ricerca ma sono comunque reali in quanto gli
individui in essi coinvolti reagiscono realmente agli stimoli sperimentali, interagiscono direttamente
utilizzando tutti canali comunicativi;
3. I quasi-gruppi, che sono creati a scopi di ricerca ma non sono dei gruppi perché hanno modelli di attività
artificiali e costrittivi, sia per quanto riguarda i compiti imposti sia nel tipo di interazioni permesse.
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Psicologia sociale 3. Il gruppo nelle teorie di Lewin, Sherif, Tajfel
Lewin -> il gruppo è prima di tutto una totalità dinamica, le cui proprietà strutturali sono diverse dalle
proprietà strutturali delle sottoparti (singole parti).
Una totalità dinamica è caratterizzata dalla stretta interdipendenza delle sue parti, per cui le proprietà
strutturali sono caratterizzate da rapporti fra le parti piuttosto che dalle parti.
A questo proposito Lewin parla di due tipi di interdipendenza:
1. Interdipendenza del destino: nel senso che qualsiasi aggregato casuali di individui può divenire gruppo se
le circostanze ambientali attivano la sensazione di essere improvvisamente nella stessa barca (es. di clienti di
una banca che vengono presi in ostaggio da rapinatori) e si sperimenta un forte senso di coesione per il fatto
di condividere un destino comune;
2. Interdipendenza del compito, che fa sì che lo scopo del gruppo crei un legame fra i membri in modo tale
che i risultati delle azioni di ognuno abbiano delle implicazioni sui risultati degli altri; la natura di queste
implicazioni può essere positiva o negativa: interdipendenza positiva, nel caso in cui il risultato positivo di
ognuno implica il successo del gruppo (squadre sportive), interdipendenza negativa quando il successo di un
membro costituisce l'insuccesso di un altro o degli altri membri (gruppo di lavoro in cui vengono attribuiti
alle persone incentivi o promozioni).
Sherif -> ha una concezione “architetturale” di gruppo, nel senso che lo considera come una struttura dove i
membri sono legati da rapporti di status e ruoli e dove si definiscono norme e valori comuni. Nel momento
in cui si attua la struttura del gruppo, si formano anche delle norme comuni. Le attività dei singoli membri
vengono regolate all'interno del gruppo secondo la loro appartenenza alla struttura, e secondo la loro
posizione sociale particolare e il ruolo e in base alle norme di gruppo.
La condizione essenziale perché si formi un gruppo è l'interazione nel corso del tempo di individui che
hanno motivazioni, interessi, problemi comuni.
Le proprietà minime di gruppo sono rappresentate quindi da:
1. Una struttura e organizzazione di ruoli di membri, differenziata per potere o posizione sociale;
2. Una serie di norme o valori che regolano il comportamento dei membri almeno nei settori di attività in cui
il gruppo è più di frequente impegnato.
La concezione strutturale di gruppo proposta da Sherif si adatta a gruppi di varie dimensioni, in quanto
anche grandi gruppi sono caratterizzati da un'organizzazione che prevede differenziazioni nel potere e nei
ruoli, come pure da norme e da valori condivisi.
Nei suoi studi ha inoltre sottolineato il bisogno di un approccio interdisciplinare e in particolare fra
psicologia e sociologia per comprendere i fenomeni che si situano a vari livelli della vita di gruppo, in
quanto se per sociologi l'unità di analisi è l'organizzazione sociale umana, per lo psicologo sociale l'unità di
analisi è il modo di funzionare dell'individuo in relazione alle situazioni sociali.
Tajfel -> il concetto di gruppo da lui utilizzato nel quadro della teoria dell'identità sociale e delle relazioni
intergruppi, è una diversificazione della definizione di "nazione" proposta dallo storico è Emerson secondo
cui una nazione è un corpo di persone che sente di essere una nazione.
Per Tajfel questa definizione è di natura sociopsicologica e non storica, in quanto si basa sul processo di
autocategorizzazione e non su elementi esterni quali ad es. eventi storici, politici. Ciò che costituisce una
nazione, un gruppo è quindi il fatto che l'individuo si sente parte di essi; questa definizione di gruppo, basata
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Psicologia sociale sul sentimento di appartenenza, include tre componenti:
- componente cognitiva (conoscere di appartenere ad un gruppo)
- componente valutativa (connotazione positiva o negativa della propria appartenenza al gruppo o del
gruppo stesso)
- componente emozionale (aspetti cognitivi e valutativi del gruppo e della propria appartenenza ad esso,
quali amore e odio, piacere o dispiacere).
Tajfel riconosce inoltre che ai criteri soggettivi di appartenenza devono corrispondere dei criteri oggettivi,
che possono essere utilizzati da un osservatore esterno che determina appunto dall'esterno quali individui
appartengono ad un gruppo e quali ad un altro. Solitamente, in condizioni naturali, questo avviene per una
serie di situazioni storico-sociali che determinano dei criteri, per i quali la categorizzazione dall'interno e
dall'esterno del gruppo porta a definire i confini dell'appartenenza e della non appartenenza. Se questi criteri
non coincidono, l'individuo sarà costretto a modificare i suoi criteri di categorizzazione sociale.
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Psicologia sociale 4. Processi di socializzazione di gruppo
Secondo la definizione di Brim, la socializzazione è un processo attraverso il quale gli individui
acquisiscono le conoscenze, le abilità e le disposizioni che li rendono in grado di partecipare come membri
più o meno effettivi dei gruppi e della società.
Questo processo è interattivo, in quanto l'individuo da socializzare è un soggetto attivo che a sua volta può
influenzare l'ambiente e il gruppo che lo accoglie, infatti, anche il nuovo arrivato in un gruppo, per quanto
sia in genere minoritario e in condizioni di dipendenza rispetto agli anziani, può apportare elementi di
novità, di cambiamento e anche di disturbo per il gruppo che lo riceve; il nuovo arrivato si trova infatti in
una condizione di maggiore dipendenza e nella necessità di capire cosa deve fare in quel gruppo, cosa il
gruppo si aspetti da lui, quanto il gruppo può contribuire a realizzare i suoi progetti, e quali siano le norme e
le regole dominanti. Quando un individuo entra in un gruppo si deve immergere nella cultura di quel gruppo,
che include modi condivisi di vedere la realtà e costumi comuni, che sono l'espressione comportamentale di
una cultura che includono routine (procedure quotidiane utilizzate dei membri del gruppo), resoconti
(questioni riguardanti i membri del gruppo), gergo (parole e gesti comprensibili solo dai membri del
gruppo), rituali (cerimonie che segnano eventi importanti di gruppo) e simboli (oggetti che hanno significato
speciale per i membri del gruppo).
Il fatto di essere o non essere parte del gruppo è segnalato quindi anche da questi costumi, da questa cultura
condivisa.
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Psicologia sociale 5. L'entrata nei gruppi e le strategie del nuovo arrivato
Il modello della socializzazione di gruppo di Moreland&Levine descrive e spiega il passaggio degli
individui attraverso i gruppi, per chiarire i cambiamenti di natura affettiva, cognitiva e comportamentale che
i gruppi e gli individui producono l'uno sull'altro dal momento in cui il gruppo si costituisce sino al
momento in cui si scioglie, in quanto nei processi di socializzazione sia i gruppi, sia gli individui che li
compongono esercitano e subiscono influenza reciproca. Questo modello si applica principalmente a piccoli
gruppi, autonomi, volontari, dove i membri interagiscono in modo regolare, hanno legami affettivi gli uni
con gli altri e sono interdipendenti dal pdv comportamentale (gruppi di lavoro, squadre sportive, ecc.).
La loro teoria considera sia l'individuo sia il gruppo come agenti attivi di influenza reciproca, e presuppone
che la loro relazione cambi in modo sistematico nel corso del tempo, e si basa su tre processi psicologici,
ognuno dei quali può essere considerato dalla prospettiva sia del gruppo sia dell'individuo.
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Psicologia sociale 6. I tre processi psicologici
Questi tre processi sono:
1. La valutazione: implica gli sforzi fatti dal gruppo e dall'individuo per stimare e massimizzare la
remuneratività l'uno dell'altro. Ogni gruppo ha degli scopi da raggiungere e valuta quindi gli individui nei
termini di quanto potranno contribuire a raggiungere questi scopi; nello stesso tempo ogni individuo ha dei
bisogni personali da soddisfare e valuta il gruppo nei termini di quanto esso potrà contribuire a soddisfare i
suoi bisogni. La remuneratività della relazione è basata sul grado in cui ciascuno viene incontro alle
aspettative normative dell'altro.
2. L'impegno: dipende dal risultato del processo di valutazione: come aumenta la percezione di
remuneratività delle loro passate, presenti, future relazioni, più il gruppo e l'individuo si sentono impegnati
reciprocamente; al contrario, come aumenta la percezione di remuneratività delle loro passate, presenti,
future relazioni alternative, meno il gruppo e l'individuo si sentiranno impegnati l'uno con l'altro.
3. La transizione di ruolo: in quanto i livelli di impegno del gruppo e dell'individuo cambiano nel tempo,
cambia anche la natura della loro relazione. Quando l'impegno reciproco del gruppo e dell'individuo si alza
o si abbassa nei confronti dei rispettivi criteri decisionali stabiliti in precedenza, allora l'individuo affronterà
una transizione di ruolo e le sue relazioni col gruppo cambieranno, come cambieranno anche le aspettative
reciproche.
In questo modo l'individuo può passare attraverso cinque fasi della socializzazione di gruppo: 1.
L'esplorazione; 2. La socializzazione; 3. Il mantenimento; 4. La risocializzazione; 5. Il ricordo. Queste fasi
sono separate fra loro da quattro transizioni di ruolo: 1. L'entrata; 2. L'accettazione; 3. La divergenza; 4.
L'uscita.
Durante la prima fase dell'esplorazione, da un lato il gruppo cerca delle persone che sembrino adatte a dare
contributi per raggiungere gli obiettivi di gruppo (reclutamento di gruppo), dall'altro l'individuo cerca gruppi
che sembrino adatti a contribuire alla soddisfazione dei suoi bisogni personali (ricognizione individuale). Se
i livelli di impegno dell'individuo e del gruppo soddisfano i rispettivi criteri decisionali, avviene la
transizione di ruolo dell'entrata nel gruppo.
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Psicologia sociale 7. La ricognizione individuale
Per quanto riguarda la ricognizione individuale, sono necessarie secondo gli autori tre cose:
a) la persona deve identificare i gruppi desiderabili per sé, e in rapporto a questo decidere a quali tipi di
gruppo vorrebbe accedere, accertandosi poi che questi siano reperibili nell'ambiente circostante;
b) la persona deve valutare il grado in cui l'appartenenza ad un gruppo può soddisfare i suoi bisogni, ciò
implica il bisogno di avere informazioni sulle possibili ricompense legate all'appartenenza a quel gruppo;
c) se l'impegno per un particolare gruppo è superiore a quanto l'individuo è disposto a spendere, l'individuo
stesso dovrà prendere provvedimenti per entrarvi convincendo il gruppo ad accettarlo come membro.
Il processo di ricognizione individuale è influenzato da molti fattori, come la conoscenza da parte
dell'aspirante membro dei componenti del gruppo e le precedenti esperienze in altri gruppi. Quest'ultimo
fattore pare poi fortemente predittivo rispetto ai comportamenti che assumerà il nuovo arrivato, quali la
capacità di identificare velocemente gruppi cui desidera appartenere, la valutazione equilibrata dei costi
benefici che sono imposti dall'appartenenza di gruppo, i tentativi di associarsi effettivamente al gruppo.
In una ricerca condotta dai due attori è stato esplorato l'impatto delle precedenti esperienze di gruppo nella
scuola superiore sulle attività di ricognizione di matricole appena entrate in una grande università. Gli autori
hanno trovato che gli studenti esperti, che cioè avevano avuto durante gli anni della scuola superiore
esperienze importanti e positive di appartenenza ad un gruppo, cercano molto più attivamente degli inesperti
di identificare i gruppi del college potenzialmente desiderabili, sono selettivi in questa scelta, valutano con
ottimismo i costi e i benefici della futura appartenenza di gruppo. Gli esperti mostrano quindi, rispetto agli
inesperti, una maggiore capacità di prendere in considerazione i benefici ma anche i costi della vita di
gruppo -> valutazione anticipata.
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Psicologia sociale 8. La fase dell'esplorazione
Nella fase di esplorazione c'è anche il processo del reclutamento del gruppo nei confronti di possibili
membri; a questo proposito può essere determinante lo Staffing Level, che viene definito dai due autori
come la differenza fra quanti membri appartengono attualmente al gruppo e quanti membri sarebbero
necessari per una prestazione ottimale. A questo proposito, Moreland&Levine, hanno condotto un'indagine
basata su interviste a leader di 93 gruppi di un campus universitario, a cui è stato chiesto quale fosse lo
staffing level attuale e ideale del loro gruppo, quanto piccolo o grande dovesse essere il gruppo per sembrare
sotto o sovradimensionato e quali problemi si creano nell'uno nell'altro caso, quali attività di reclutamento e
di socializzazione per i nuovi membri fossero adottate.
Per quanto riguarda lo staffing level, i leader considerano i gruppi cui appartengono più di frequente
sottodimensionati che sovradimensionati: c'è una maggiore preoccupazione che il gruppo abbia troppo pochi
membri piuttosto che troppi.
Per quanto riguarda i problemi della scarsità o dell'eccesso numerico dei membri, il leader intervistati hanno
evidenziato la stessa quantità di problemi, ma non la stessa qualità e possibilità di soluzione. Per i gruppi
sottodimensionati, i problemi più comuni indicati riguardano prestazioni di gruppo carenti, fatica, mancanza
di risorse, e come possibili soluzioni vengono indicati il reclutamento di più membri o la riorganizzazione
del gruppo; per i gruppi sovradimensionati, i problemi più comuni sono apatia e noia, disorganizzazione,
formazione di combriccole e le soluzioni più comuni sono incoraggiare i membri attuali a lavorare
duramente, limitare l'accesso al gruppo, e punire i devianti o dividere il gruppo attuale in sottogruppi.
Per quanto riguarda il reclutamento di nuovi membri, si è trovato che i gruppi sottodimensionati sono più
aperti, utilizzano criteri di entrata meno rigidi ed è più probabile che si facciano entrare nuovi membri in
qualunque momento. Per quanto riguarda le pratiche di socializzazione dei nuovi membri, i gruppi
sottodimensionati impongono meno doveri speciali, valutano con criteri meno severi il loro comportamento
e hanno criteri di accettazione meno severi.
Da questi dati emerge che la rigidità e la permeabilità dei confini di gruppo, che rendono più o meno difficili
le entrate ai nuovi membri, sono anche legate a questi problemi strutturali, quale il numero reale dei
partecipanti e il numero che sarebbe necessario per una prestazione ottimale.
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Psicologia sociale 9. Fase della socializzazione
La seconda fase dell'appartenenza al gruppo è la socializzazione: durante questa fase il gruppo cerca di
cambiare l'individuo in modo che possa contribuire maggiormente al raggiungimento degli scopi di gruppo:
se questo avviene, l'individuo viene "assimilato" dal gruppo.
Nello stesso tempo, l'individuo cerca di produrre cambiamenti nel gruppo in modo che possa contribuire
maggiormente a soddisfare i suoi bisogni personali: se ciò avviene il gruppo attraversa l'esperienza "
dell'accomodamento ".
Se i livelli di impegno di entrambe le parti raggiungono i rispettivi criteri di accettazione, avviene la
transizione di ruolo dell'accettazione e l'individuo diventa membro a pieno titolo del gruppo.
Durante la terza fase, definita " mantenimento", il gruppo e l'individuo negoziano i ruoli: il gruppo cerca di
trovare per l'individuo un ruolo specializzato che renda massimi i suoi contributi per il raggiungimento degli
scopi comuni, mentre l'individuo cerca un ruolo specializzato che gli permetta di soddisfare i suoi bisogni
personali. Se queste transizioni hanno successo, l'impegno reciproco resta ad alti livelli, ma se la
negoziazione di ruolo fallisce e livelli di impegno di entrambe le parti si abbassano, avviene la transizione di
ruolo della divergenza e l'individuo diventa membro marginale del gruppo.
Nella quarta fase, della risocializzazione, tanto il gruppo quanto l'individuo cercano di ripristinare i
contributi che ognuno dei due può fornire per il raggiungimento degli scopi di gruppo e per la soddisfazione
dei bisogni personali. Se quest'operazione ha successo e se i livelli di impegno superano i rispettivi criteri di
divergenza, l'individuo torna membro a tutti gli effetti e si realizzano di nuovo assimilazione e
accomodamento (convergenza); se invece, i livelli di impegno di entrambe le parti scendono sotto i rispettivi
criteri di uscita, si compie la transizione di ruolo dell'uscita e l'individuo diventa un ex membro (situazione
più comune della convergenza).
La quinta fase è quella in cui la relazione individuo-gruppo diventa ricordo: il gruppo ricorda quanto
l'individuo ha fatto per il raggiungimento degli scopi di gruppo e queste memorie diventano una parte della
tradizione di gruppo; l'individuo elabora invece i ricordi su quanto il gruppo gli ha offerto per soddisfare i
suoi bisogni e su quanto non ha riconosciuto del contributo da lui offerto.
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Psicologia sociale 10. Il processo di socializzazione
Il processo di socializzazione che si realizza in un gruppo è dunque un percorso di natura interattiva, in cui
tanto l'individuo che entra quanto il gruppo che lo accoglie si impegnano in negoziazioni più o meno chiare
e con esiti diversi, che dipendono sia dal modo in cui si pone il nuovo membro, sia dal tipo di gruppo cui
egli accede.
Se il nuovo membro che entra in un gruppo non si trova in situazione di discordanza, il processo di
socializzazione si può svolgere in modo armonico senza produrre difficoltà né per il neofita né per il gruppo.
Se l'individuo entra invece in un nuovo gruppo con valori e schemi cognitivi che in qualche modo sono poco
allineati con quelli del gruppo, la socializzazione costituisce un processo più complesso e difficile sia per il
soggetto, sia per il gruppo con l'accoglie. In questo caso è prevista una fase destrutturante o di
desocializzazione, dove il neofita prende atto delle resistenze che gli oppone il gruppo e della necessità di
ridefinire se stesso e propri modi di operare per arrivare ad una piena accettazione.
Una volta che il nuovo arrivato viene accettato dal gruppo, si trova ad affrontare un periodo di apprendistato
e di osservazione da parte dei membri anziani, in cui il nuovo membro si comporta con prudenza, adottando
tattiche di osservazione.
Moreland&Levine hanno individuato quattro tattiche che dispongono i nuovi arrivati ad una più facile
entrata nel gruppo:
1. Condurre un'efficace processo di ricognizione durante la fase di esplorazione, che significa cercare di
capire se quel gruppo è veramente adatto a soddisfare i propri bisogni. Molto spesso gli aspiranti non
effettuano in maniera adeguata quest'operazione di riconoscimento, in quanto viene segnalato da ricerche
che molti nuovi arrivati mostrano sorpresa e non conoscenza appena entrati nel gruppo.
2. Giocare il ruolo di nuovo membro: comportarsi in modo ansioso e cauto, dipendente dagli anziani e
conformista rispetto alle norme di gruppo, cercando di adottare la prospettiva di gruppo ogni volta che è
necessario. I nuovi arrivati che si presentano come tali hanno più probabilità di essere accettati dagli anziani
e di ricevere da questi ultimi delle informazioni utili per integrarsi: questo comportamento che soddisfa le
attese degli anziani e crea un clima di benevolenza nei confronti del nuovo arrivato, è una tattica di
inserimento del gruppo che l'individuo a volte utilizza consapevolmente e a volte in modo spontaneo e
inconsapevole (es. dei bambini piccoli).
3. Cercare referenti di fiducia, tutori, nel gruppo: cioè anziani che aiutino il nuovo arrivato a divenire
membro del gruppo a pieno titolo. Il tutore può fungere infatti da intermediario fra il nuovo arrivato e il
gruppo. Nei piccoli gruppi ci sono vari tipi di tutori possibili, ci sono gli anziani che si sentono coinvolti e
quelli che non si sentono coinvolti nella socializzazione dei nuovi membri: fra questi ultimi sono compresi i
modelli, cioè coloro che nuovi arrivati scelgono come guida del loro comportamento. Fra gli anziani che si
sentono coinvolti nella socializzazione dei nuovi arrivati, ci sono:
- i trainers, che sono molto conformisti alle norme di gruppo e hanno il mandato di occuparsi dei nuovi, di
illustrarli norme e valori del gruppo stesso;
- gli sponsors, amici o parenti del nuovo arrivato;
- i mentori, che sviluppano una stretta relazione con i nuovi arrivati e fanno il possibile per rendergli più
facile la socializzazione.
4. Collaborare con gli altri nuovi arrivati, che è possibile solo se il gruppo comprende più di un nuovo
arrivato. Questa tattica produce una socializzazione più facile, sia perché essi si aiutano reciprocamente per
assimilarsi al gruppo, sia perché, nel caso in cui siano insoddisfatti, lavorano insieme per richiedere al
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Psicologia sociale